Palestina 2017: i report del dott. Pan, dott. Pasticca e dott.ssa Caramella

Report del dott. Pan

Ed eccoci qui anche quest’anno a cercar di fare il report di quel che è stata la Palestina.

Si più o meno un anno fa ero nella stessa situazione… ma ok cominciamo.

Non è mai facile no, non è mai facile metter la sveglia alle 5 del mattina per andar a prender i tuoi colleghi clauni a Firenze, ma questo è! E quindi eccoli li sotto casa, Pasticca e Caramella già pronti e carichi…già pronti. Il viaggio verso Roma Fiumincino.

Avvisiamo i passeggeri che dovete allacciare le cinture di sicurezza…non si sa mai ci tamponano! Ok ok primo scalo ad Amman in Giordania… in men che non si dica siamo a Tel Aviv.  Terra di curiosoni; “passaporto prego”, “dove dormi?”, “quanto stai?” “che fai?”…ma nonostante tutto molto velocemente sbuco in una miriade di cartelli….ok il nostro non lo vedo. Mi chiama Silvia, “Andre arriva”…ed eccolo li…bello, nero su bianco…CLOWN! “Si siamo noi”.

Un’oretta d’auto e finalemente siamo a Gerusalemme..la prima gioia più grande è riabbracciare Silvia dopo un anno.  Due chiacchiere,  due dritte, tolgo le scarpe e svengo…per le scarpe o per il sonno non lo so!

Svegli, belli  pimpanti e senza un filo d’ansia (bugia), ci avviamo verso Erez. Erez è quell’allegro posto dove migliaia di Palestinesi passano parecchie ore per passare da Gaza in territorio Israeliano. Effettivamente capisco il motivo, ci si stà bene… persone che si interessano a te anche li.. “ quanto ci stai qui?”, come si chiama tuo babbo e tuo nonno?”, “cosa ci fai qui?”, “ è la prima volta?” “no perché sai alla terza ti diamo il timbro per un ingresso omaggio”…carini! Figuratevi che troviamo anche un soldato appassionato di musica che ci chiede cosa ci facciamo con la chitarra! L’idea di rispondergli che ci faccio il caffè era alta…ma  Pasticca anticipa dicendo che lui la suona! Il soldatino a questo punto ci racconta che anche lui è musicista….che strano!? Suona ma imbraccia un fucile come tutti i suoi colleghi…non sarebbe più bello impugnassero tutti una chitarra?! Passerebbero meglio le ore anche i Palestinesi. 

Ma eccoci che allegramente dopo aver risalutato anche la soldatessa di anno scorso ci infiliamo tra tornelli, gabbie, corridoi e controlli in…si! In un altro controllo..e poi un altro! Alla fine dopo tutti sti controlli non ricordo nemmen dove dovevamo andar..ah si…siamo a Gaza!

Le strade riprendono vita nei ricordi, alcuni posti me li ricordo, man mano che ci avviciniamo al porto riconosco anche le strade.  Eccoci! Saliamo su in ufficio, Yousef, Amal, Aloosh, Murad, Samara… è una botta di emozioni e abbracci. Amici che si ritrovano dopo un anno…sembra ieri! 

Ci sediamo e parliamo..decidiamo per bene come gestir i giorni che staremo insieme. 

Ed ecco che il pomeriggio stesso inizia il lavoro di Pasticca. Esercizi sulla prossemica, le distanze, i propri limiti. Il mattino seguente invece siamo in ospedale, nell’ospedale Pediatrico di Al Rantisi, il bello dell’inutilità della lingua…il capirsi con un verso o uno sguardo, il naso rosso che unisce senza limiti, i sorrisi dei bambini e i sorrisi delle madri…CHE BELLEZZA! I dottori son felici, la corrente salta ogni venti minuti ma a noi che ci frega? Siamo in un ospedale…non  serve mica la corrente per tener accesi i macchinari?! Questi burloni che gli staccano la corrente…uno si preoccupa per far pagar meno la bolletta! Comunque no, la bolletta nonostante tutto è cara da morire, faranno un tutt’uno con quella dell’acqua. Boooh!

Il pomeriggio riprendiamo con gli esercizi… schetch, improvvisazioni, sorrisi e Raffaella Carrà! Ebbene si, abbiam finito la giornata ballando la Raffaellona! Gelosi?!

Il mercoledì mattina ospedali nuovi, visi nuovi e Pan, Pasticca, Caramella, Aloosh, Maroosh, Kenzi e Mohie si perdono all’interno dell’ospedale dove partono viaggi con auto immaginarie, assoli di chitarra con bastoni per le flebo, guerre di bolle di sapone con le mamme dei bimbi, magie, risate, pianti, storie tristi e tristi incontri, bambini che non ci sono più e mamme che lottano ancora.

Dopo questi giorni intensi l’ultimo giorno lo dedichiamo al massaggio che Caramella insegna ai ragazzi… bellissimo l’interesse dimostrato da tutti, bellissima la passione per il lavoro da parte di Caramella. 

Le sere passano tra cene lungo mare a lume di luna e piacevoli ore passate insieme a casa di Yousef con scontri a colpi di palloncini sgonfi tra “Tutti Vs Pasticca”.

Lo dico sempre, il problema non è partire..ma tornare. Ed ecco che anche quest’anno è arrivato quel momento strano…quello dei saluti. Quel momento dove si crolla o dove si nasconde tutto dentro. Quest’anno son crollato, e si crolla perché non sai dare un tempo al prossimo abbraccio.  

Quest’anno la preoccupazione per il nostro bene ad Erez è qualcosa di tenero..pensate.

 Mi guardano allo scanner per veder se mi ero dimenticato qualcosa addosso ,  giustamente non si sa mai, mi tengono chiuso tra due sportellini per aver il tempo nel caso mi fossi dimenticato qualcosa  di potermelo rendere..ed infine?! Mi mettono teneramente ogni cosa che avevo in valigia rovesciato in un grande cestello…giustamente, non sia mai che mi son dimenticato roba, almeno così vedo se ho preso tutto. Un sorriso stile Mercoledi Addams  e via…anzi no! Riguardiamo il passaporto…ok ora via liberi in terra d’israele…territorio con guard rail alti quasi sei metri di cemento armato! Curiosi che sono. Hanno talmente tanta paura di andar fuori strada che si son chiusi dentro questi enormi guard rail. Contenti loro…

I giorni che seguono l’uscita da Gaza sono molto più allegri e felici…una bella visita a Gerusalemme con figuranti intorno alle mura..un po’ tipo i gladiatori al Colosseo a Roma..loro pero’ non son per le foto, eppure con il mirino hanno dimestichezza…boh!? Gerusalemme è sempre bella… ti perdi tra quelle vie e quei profumi. Ti perdi nei negozi, tra le persone, nei panorami e nel caldo assurdo che io ancora non capisco come può andar avanti stà moda del cappotto lungo nero. Ma i gusti son gusti!

Finalmente sabato, oggi relax…oggi dopo solo un’ora e non ricordo quanto di viaggio, il tutto solo perchè due soldatini volevan salutare ed augurare buona giornata a tutti…macchina per macchina! Teneri., arriviamo ad Hebron.

Hebron ridente città del sud della Cisgiordania la cui città vecchia è stata presa in prestito da quasi 500 israeliani che non volendo mettere l’impianto d’allarme alle case hanno deciso di far girar sotto casa quasi 4000 soldatini. La libertà dei Palestinesi è pari a quella di un topo in una stanza di due metri con 10 gatti. Ma il topo nonostante tutto vive…più o meno! E quindi per passare i vari check in o point informazioni della città vedi bimbi spogliati in mezzo di strada o ti senti dire di no al passaggio per andar a trovar un’amica, vedi stade pieni di negozio completamente chiusi, vedi zone con divieti di accesso, ti senti dire da bimbi di tradici anni che “noi non abbiamo un futuro”….bambini. Non capisco il perché non si possa giocare tutti insieme. Immaginate: fucili ad acqua anziché a piombo! Il casino sarebbe ricaricarli però, umm. Negozi tutti aperti, la mattina per andar a scuola non devi  finir il libretto delle assenze ogni volta con la stessa scusa “CONTROLLO CHECK POINT”, ma si dai! Giù tutto e soldati solo allo stadio per non far litigare la gente per un rigore dato o non dato, via i fucili e al loro posto martelli di gommapiuma (possibilmente che suonano), via tutti i controlli ogni due metri e al posto dei check point paninari o gelatai ambulanti! Missili svuotati e riempiti d’acqua ..e poi ACQUA A CADUTA! Come con la birra. Le piazze usate per parlar di tutto quello che in questi anni non si sono detti.. “Oh ma lo sai che dall’altra parte del muro icchè ho fatto” “ noooo sul serio?!”, oppure…”guarda c’ho il calzino spaiato che  a stenderlo mi è volato oltre il muro, non l’hai mica trovato?!”

Figuratevi che dentro Hebron abita una donna alla quale hanno rotto i tubi dell’acqua, alla quale hanno bloccato la strada per tornare a casa, una donna che con quattro figli conta i proiettili nel muro di casa…una donna alla quale vien ditrutto il giardini e che vive con il terrore di far uscir i suoi figli in giardino…insomma, io non capisco a quanto tiene alto il volume della tv per far arrabbiare così il vicino di casa.

Torniamo a casa….tra i mille pensieri e colpi di pistola ad acqua che ogni tanto arrivano da lontano.

Salutiamo Silvia, il nostro angelo protettore, la nostra ombra, colei che si è presa cura impeccabilmente di noi in questi giorni…eeee…ed eccoli li gelosoni che ci rifermano i soldatini per salutarci prima del nostro ritorno a casa, passaporto, domande…sai, non si sa mai che mi vien di portarmi una bomba dietro e quindi rispondo NO! Ma nonostante tutto vinco nuovamente il bigliettino con scritto 5, ovvero “SEI PERICOLOSO MA UN POCHINO MENO” e quindi ribaltiamo nuovamente la valigia e con aria simpatica confermiamo che quello nella foto del passaporto sono io e non Franco Califano.

Un abbraccio caloroso a tutti e buon rientro in Italia.

Pan

Report dott.ssa Caramella

Essere clown non significa indossare un naso rosso cercando di far ridere, sorridere o divertire, per noi la cosa prioritaria è l’ascolto, di noi stessi, dell’ambiente che ci circonda, degli altri…ecco che fiutando attraverso quel piccolo naso colorato cerchiamo di entrare in relazione cercando di strappare un sorriso o un pensiero positivo dove c’è la necessità perché il naso rosso unisce cercando di abbattere i muri fisici.

Nel nostro intervento a Gaza abbiamo proseguito un percorso iniziato lo scorso anno basando il nostro programma su questo aspetto: ASCOLTO.

Abbiamo incontrato il gruppo Clown del Ciss , che operano negli ospedali pediatrici di Gaza, arricchito di nuovi arrivi e alcuni ragazzi della Scuola di Circo di Gaza.

Riassumendo le parole di questi meravigliosi ragazzi abbiamo percepito che il lavoro svolto è stato di grande attenzione e interazione:

“Abbiamo apprezzato il comprendere di non andare dritti allo scopo finale ma far si che i nostri oggetti a disposizione (palloncini, piccole magie, musica, bolle di sapone ecc..) siano un mezzo e non un fine, avevamo bisogno di fermarsi per ascoltare, bambini e famiglie.

Vi assicuro che essere Clown in quei luoghi non è cosa da poco, trovare la forza e il sorriso ogni giorno e presentarsi ai bambini in ospedale quando vivi circondato da km di muro a cielo aperto, quando hai luce ed acqua 3/4 ore al giorno e in qualsiasi momento la situazione di sicurezza può degenerare.

Ho fatto ingresso a Gaza per la seconda volta avendo la consapevolezza del luogo ma è stato forse peggio della prima perché sapevo che avrei dovuto attraversare quella gabbia per entrare dentro un muro che divide (…e pensare che il Clown cerca di unire…) con iniziali e finali checkpoint con i più svariati controlli e domande.

Avevo dentro di me quei volti conosciuti, ai quali se ne sono aggiunti altri…. la voglia di incontrare i loro occhi e ascoltare il loro abbraccio ha motivato maggiormente il mio essere là.

Abbiamo condiviso gli interventi tutti assieme, in ospedale, dove, anche se il dialogo è stato minimale per differente lingua, il naso rosso , la complicità e la disponibilità delle famiglie hanno unito creando mattinate serene davanti ai bambini.

Ringrazio i due ospedali pediatrici con il loro personale per la loro calorosa accoglienza.

Durante i pomeriggi abbiamo lavorato con dieci ragazzi/e instancabili, curiosi, alternando momenti di esercizi di profonda riflessione a momenti di gag veramente spontanee e divertenti dove tocchi con mano di quanto tutti Noi abbiamo il desiderio e la necessità di lasciarsi andare alle nostre emozioni per essere vero davanti all’altro chiunque esso sia, un amico, una persona cara, un bambino, perché in fondo tutti noi siamo bambini e ricordandolo ci permette di creare spontaneità divertendosi.

Il mio grande stupore si è trasformato in profonda gratitudine quando abbiamo dedicato un pomeriggio al massaggio.

Ho uno studio dove massaggio tutti i giorni da 25 anni, sono profondamente convinta che ci sia una profonda somiglianza tra essere Clown e massaggiare: per entrambi le parole chiave sono tre… Percepire, Sentire, Ascoltare.

Le mani per massaggiare spesso non hanno orecchie né occhi perché l’ascolto è basato sulle mani che operano sul tessuto di un corpo; il Clown quando incontra, allo stesso modo, ascolta se stesso e percepisce, attraverso il naso rosso,  quell’attimo che ti permette di entrare, aspettare, rimandare.

Così, avevo preparato un prontuario da mostrare ai ragazzi affinché , attraverso semplici manualità, possano ricaricarsi quando arriva la stanchezza o rilassarsi quando il vaso è colmo per troppo carico emotivo.

Li ringrazio uno ad uno per la loro disponibilità, la loro curiosità…ragazzi che essendo quasi autodidatta nelle loro attività, hanno raggiunto una grande professionalità in clownerie, giocoleria, acrobazia, ballo.

Lo stare assieme e condividere le piccole pause per un caffè, un pranzo, un ballo, una canzone è stato per me di profonda ammirazione nei confronti della loro gioia di vivere, della loro accoglienza, della loro gratitudine ( “grazie per aver lasciato le vostre case, il vostro lavoro per essere qua con Noi” ).

Direi che io mi sento grata a loro per quanto ci hanno insegnato osservandoli nella loro dolcezza verso i bambini in ospedale, nel loro scherzare, nel loro essere amici condividendo il piacere dello stare assieme senza giudizi, pregiudizi, condizionamenti e non ultimo il loro farci sentire a Casa.

Il tutto è stato coronato da quell’abbraccio che ha lasciato un segno, il segno di un seme che stenta a germogliare perché alle volte confuso, amareggiato, arrabbiato, deluso…ma…quando lo deciderà offrirà un naso rosso che più rosso non si può.

Vorrei ringraziare tutta l’organizzazione del Ciss senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile, nello specifico Yousef, per la sua accoglienza, disponibilità, affidabilità facendoci sentire a nostro agio in tutte le situazioni.

Silvia, unica e insostituibile, nostra guida non stop e traduttrice, vittima di scherzi e sollazzi, ci ha fatto girare in ogni dove con grande protezione…. non vi libererete di Noi!!!!

Grazie alla bella e dolce Amal e a tutti i ragazzi/e dell’ufficio compreso Habibi/Habibi.

Grazie a Valentina per il supporto a distanza.

Grazie a Federico, non presente fisicamente ma con il cuore con noi , grazie ai miei colleghi di M’illumino d’immenso.

GRAZIE ai miei due affidabili moschettieri che mi hanno protetta, soportata, supportata, Pan e Pasticca.

Caramella

Durante il viaggio di ritorno ho scritto una lettera ai miei figli affinché oltre ai racconti successivi possa rimanere una memoria scritta di quanto ho visto e conosciuto….Vorrei condividerla con tutti Voi:

Cari Niccolò e Filippo, 

Vi scrivo in un momento di grande ispirazione durante il viaggio di ritorno con immagini, suoni e sensazioni ancora freschi, assaporando il momento di abbracciarvi.

Eccomi di ritorno per la seconda volta dalla Palestina. 

Questa volta faccio rientro con più consapevolezza perché ho visto e sentito cose inimmaginabili e vorrei coinvolgervi dal momento che ritengo abbiate una alta sensibilità e comprendere quello che esiste al di là di noi e delle nostre vite ci arricchisce e ci fa apprezzare molto di più quello che abbiamo…e non parlo di beni materiali ma di valori che spesso diamo per scontati.

In qualche parte del mondo esistono bambini/ragazzi ai quali vengono negati tanti diritti soltanto perché si chiamano Palestinesi o altro:

Il diritto di giocare liberamente, il diritto di crescere in una famiglia dove non ci sono pericoli che arrivano dall’esterno al limite del pensabile, il diritto di curarsi senza per questo chiedere un permesso, il diritto di andare a scuola senza che un soldato chiuda un checkpoint negando l’accesso, il diritto di stare fuori con gli amici senza ricevere insulti e sputi dai soldati, il diritto di poter vivere in casa propria senza che nessuna arrivi dicendo,  questo posto è mio, il diritto di avere la cosa più bella e giusta al mondo: la LIBERTÀ, che ci permette di fare le nostre scelte , di muoversi nel mondo, nel rispetto degli altri ma seguendo le nostre idee, desideri, sogni.

La libertà di essere noi stessi, di essere rispettati, di possedere una propria morale, di vivere la nostra vita senza essere pilotati secondo il volere o il potere di altri.

Questi sono sempre stati i miei desideri per voi da quando vi ho sentito nella mia pancia, al resto, come ben sapete,  ho sempre dato poca importanza perché quando si ha la LIBERTÀ, ognuno è 

” artefice del proprio destino, capitano della propria anima” (tu Nicco ti sei pure tatuato questa frase).

Voi penserete che sono matta o che ho una visione un po’ utopistica… Noooo!!

Ho visto cose impensabili:

Ci pensate se davanti al mio studio dovessi mettere una rete a copertura perché dai piani alti mi buttano la spazzatura?

Ci pensate di andare a lavoro o uscire con gli amici e dover passare(se vi va bene) 2/3/4 tornelli tipo stadio all’interno di una gabbia con soldati armati che vi controllano documenti, tasche, zaini?

Ci pensate di potervi innamorare di una ragazza  e di non poterla vedere più perché avete un muro che ci divide?

Ci pensate di aver perso due fratelli prima di voi perché mi hanno picchiata quando ero incinta? 

Ci pensate ad un ragazzo di 12/13 anni dice di non aver futuro?

Tutto questo l’ho visto con i miei occhi e sentito con mie orecchie e ancora non sono matta, allora chiedo a voi e a tutti i giovani: prendiamo coscienza e condividiamo, diffondiamo affinché il mondo conosca queste realtà che magari sono anche accompagnate da persone che stanche di tutto ciò e dei loro morti stanno già unendosi per cercare una sana convivenza.

Concludo dicendovi che avremo modo di parlare meglio davanti ad un buon caffè.

Torno a casa contenta ma un po’ di malinconia mi accompagna lasciando una terra contesa, stanca, una terra che dovrebbe aver unito il mondo intero da anni e anni con persone (secondo me da ambo le parti) che hanno raggiunto il limite su tutto.

Ascoltate sempre voi stessi, le vostre sensazioni, emozioni e la vita vi risponderà…

Vi abbraccio, a presto…

Mamma

Report del dott. Pasticca

Al secondo giorno di missione già sembra aver vissuto un’altra vita, un bagaglio di nuove esperienze, incontri, emozioni, conoscenze come se fossero stati 5-6 anni della vita quotidiana normale.

La stanchezza é tanta, anche se le persone attorno mi chiedono “ma non ti fermi mai”? “Facciamo una pausa”?…… anche quelli che hanno 20-30 anni meno di me. Ma io seppur non voglio strafare e voglio stare bene, non voglio buttare via nulla, non voglio sprecare tempo. Ci pensa già la nostra società a farci correre tutti i giorni per molte cose di poca importanza e valore, quando abbiano la possibilità di non farlo, perché buttare via il tempo? I quasi 60 anni in certi momenti si fanno sentire, ma come ho già detto, la passione, il sapersi gestire, la voglia di fare e di scoprire, i nuovi incontri, gli abbracci ti fanno dimenticare spesso la stanchezza. 

La missione a Gaza è partita un po’ in salita, troppo vicina a quella nei campi profughi Saharawi, incerta fino agli ultimi giorni, in un momento di preoccupazione per alcune vostre situazioni familiari e di lavoro, con qualche pensiero per la situazione che avremo trovato.

Ma avevo fatto una promessa e le rassicurazioni ed il supporto di alcuni e le motivazioni dentro di me hanno fatto propendere anche razionalmente per questa scelta.

Della situazione di Gaza, le sensazioni e la conoscenze acquisite la prima è la conferma di quanto sia tutto assurdo. Le stesse persone che alzano i muri sono chiusi da questi muri, le persone che reagiscono con violenza alla violenza subita ne rimangono essi stessi vittime. A volte dovremmo fermarci e capire che la direzione verso la quale andiamo è sbagliata, che possiamo avere torto o ragione, ma a volte dobbiamo comunque cambiare direzione per raggiungere l’obiettivo, per dirigerci verso le cose importanti davvero, quello su cui dovremmo focalizzarci se non fossimo pieni di idee precostituite. Discorso lungo lo so e anche facile farlo se non si è toccati direttamente dalla violenza e dalla libertà negata, ma toccarlo con mano in situazioni come queste, dove la vita e la libertà sono a grave rischio, quando non sono addirittura negate, ne aumenta la chiarezza dentro di noi.

Il fatto di avere accanto una organizzazione come il CISS rende tutto più semplice, tranquillo e sicuro, nei limiti del possibile. Lo rende più facile anche e soprattutto per le persone che ci supportano o con le quali lavoriamo. Tanto alla fine quello che conta è sempre la persona, siamo noi.

Il lavoro è stato positivo, per noi e credo anche per i clown della scuola di circo di Gaza e le persone con cui abbiamo lavorato. La condivisione dei turni in 2 ospedali di Gaza con i clown di qui (presso l’ospedale pediatrico Al Nasser e quello di Al Rantisi ) e le 2 sessioni di corso che abbiamo tenuto a circa 12 di loro sono stati molto impegnativi ma proficui. L’apprezzamento da parte di persone che fanno questo di mestiere da un senso a questo percorso cosi compresso e tenace fatto in questi ultimi anni e l’importanza di questo riconoscimento deriva anche dalla sua valenza umana, affettiva, emotiva: le lacrime di qualcuno hanno per me rappresentato molto di più di qualunque dichiarazione, discorso e riconoscimento.

Per quello che abbiamo potuto e saputo si è cercato di insegnare e lavorare su alcuni aspetti della relazione con il bambino malato ed anche con i suoi familiari e, ovviamente, in questa condivisione abbiamo appreso molto noi stessi come sempre accade.

L’uscita da Gaza, non solo quella, ma soprattutto quella, ha innescato in me ricordi e déjà vu della storia che non pensavo di provare dopo tutto quello che avevo letto, visto e appreso su quanto i popoli avevano subito in altri periodi della nostra storia. Pensavo che questo creasse degli anticorpi in chi aveva subito certe atrocità. Vedere ricostruite e riperpetuati, con tutte le dovute differenze e distinguo, certi meccanismi  è stata per me una pugnalata, perché l’ho vista co i miei occhi e non me l’hanno raccontata.

Non meno importanti e significative sono state le visite nella West Bank, a Gerusalemme est, nella città vecchia (con la sua suddivisione nelle quattro parti relative alle relative religioni), a Ramallah e, soprattutto a Hebron. Molto ci sarebbe da dire su quanto abbiamo e incontrato ma chiudo con la sensazione di rassegnazione colta in molte persone incontrate mentre altri cercavano di imporre il proprio volere chi con le armi. La riflessione dentro di me però è stata: è una vittoria questa?  E’ una vittoria vivere contornati da muri, filo spinati e check point? Quello che mi porto a casa è la voglia di far incontrare e giocare assieme bambini israeliani e palestinesi, ebrei, musulmani, cristiani, armeni…. Imparare assieme, non insegnare, che apparteniamo ad un’unica razza, quella umana e che niente è più dirompente di un abbraccio.  Altrimenti aveva ragione il ragazzo incontrato in una casa di Hebron quando dopo che mi aveva raccontato del tentativo di impossessarsi della sua casa, 3 suoi fratelli erano stati uccisi e io gli ho chiesto:  “What do you think about your future, about the future”? E lui mi ha risposto senza pensarci ha risposto : “I’ve no future”

Pasticca