Appunti di una missione clown all’Aquila

Pubblicato da Radic il

Carissimi amici so che state aspettando il nostro report, abbiamo deciso di scriverne tre per dare ognuno la propria impressione sulla nostra missione clown all’Aquila fra i terremotati, per assurdo sembrano tre fotocopie della stessa storia, cambiano le parole ma non le idee, metto prima le storie di Briciola e Melina perchè sono state fondamentali per la mia salute mentale in questi 5 giorni, persone preziose e insostituibili, del rapporto con gli altri clown della missione e delle cose tecniche ne parleremo alla riunione.
ciao a tutti.
Nuvola

Che dire, sono tornata. E’ strano, strano tornare a casa, avere una casa dopo che per una settimana vivi con persone che l’hanno persa, strano farsi la doccia, avere un bagno comodo, poter decidere cosa mi va di mangiare. Sono ancora tutta ovattata, stordita, carica. Mi sembra impossibile dover ricominciare a studiare, ricominciare ad andare all’università, a fare tutto normalmente senza vedere quelle persone, senza poter fare qualcosa per loro, qualsiasi. Mi ha dato molto più di quanto io abbia dato tutta questa esperienza. Mi ha regalato persone vere, sorrisi guadagnati, abbracci autentici. Mi ha dato di nuovo la dimensione di ciò che davvero conta, dell’importanza della vita sopra ogni cosa e della necessità dell’amore come cura unica ad ogni male. Mi ha regalato stralci di vite, una signora di ottant’anni che ancora tiene la mano del marito quando scende la notte, le carezze di un bambino che non parlava, un vecchio che acchiappa le bolle di sapone, una signora che mi dice che assomiglio alla figlia che non c’è più….mi ha regalato la fatica, la fame che sa di guadagnato, le gambe stanche per i passi fatti, la bellezza di bere un bicchier d’acqua o di avere un caffè caldo in ogni momento…mi ha dato la possibilità di conoscere persone eccezionali, persone che veramente si danno da fare, che sanno discernere tra ciò che conta e ciò che è superfluo, persone dal cuore enorme. Ho scoperto e imparato a conoscere meglio i miei compagni di viaggio, Nuvola e Melina senza i quali non sarei riuscita a farmi forza e a tirare fuori la grinta. Ho avuto la possibilità di imparare moltissimo dagli altri ragazzi che erano con me, di buttarmi nelle situazioni come di solito non faccio. Ho imparato a tacere quando era il momento ma a dire sempre tutto quello che pensavo senza reticenze. Ho sperimentato l’importanza di farsi umili, l’importanza di accogliere chi ci circonda.
Ho scritto solo qualche impressione, l’emozione che adesso sento….spero e ci tengo a raccontarvi molto di più. (ad esempio del bellissimo cappello da pecora di Nuvola!!!!)

Un abbraccio fortissimo e grazie del vostro appoggio
Briciolina

Carissimiamiciclauni, dopo aver letto le parole di Federico non ho molto da aggiungere. Il senso di vuoto, di disorientamento e anche di colpa che mi hanno colto tornando a casa sono incomprensibili.”Sei di sera, partiamo dall’Aquila, raggiungiamo Roma. Facciamo il cambio auto e partiamo per Firenze. Mi addormento e mi sveglio all’autogrill: scelgo e compro un panino. SCELGO E COMPRO UN PANINO. Disorientamento.”

“Una di notte, arrivo a casa, mi preparo per dormire. Vado in bagno, mi lavo la faccia, infilo il pigiama, entro nel letto, appoggio gli occhiali sul comodino. VADO IN BAGNO, MI LAVO LA FACCIA, INFILO IL PIGIAMA, ENTRO NEL LETTO, APPOGGIO GLI OCCHIALI SUL COMODINO. Colpa.”
“Nove del mattino, mi alzo: dove sono? Mi faccio un caffè: che sta facendo Sergio? Accendo una sigaretta: l’accendino che ci ha regalato Antonella. Devo fare la doccia: non ce la faccio a fare la doccia. Vuoto.”
Dopo pranzo ho iniziato a realizzare che ero a casa, cioè FISICAMENTE a casa. Il pensiero non ce la fa a tornare, non trova la strada per arrivare a casa, o forse non vuole arrivarci. E’ ancora intrappolato nell’abbraccio del signore che mi dice “Dottoressa Melina come avremmo fatto senza di lei ieri in quelle (3) ore di fila (per il pranzo)” e mi presenta la moglie. E pensare che mentre cercavo di animare un po’ l’attesa del pranzo mi sentivo così inetta e inutile.
Non riesco a non pensare alla signora con gli occhi azzurri, di cui nemmeno so il nome, che nella prima ora di lavoro del primo giorno, quando non sapevo bene cosa fare, ha iniziato ad aprirsi con me e mi ha raccontato la storia dolorosa della sua vita ed il suo terremoto. Cerco in modo infantile video del campo di Pianola nei tg, sperando di intravederla.

In questo momento non so che cosa ci faccio qui, non vorrei essere qui, non vorrei avere davanti un computer e addosso un paio di jeans. Vorrei solo un camice colorato, un naso rosso e delle tende blu.
Pensare che non riesco proprio a togliermi Melina di dosso, scendo dal treno e cammino coi piedi larghi e passi svelti, come lei. Sorrido a chiunque per strada e la gente mi guarda come se vedesse un fantasma. Ho avuto anche l’istinto di mettermi a scherzare con una pattuglia di poliziotti in assetto anti-sommossa, vicino allo stadio (pessima idea…). Riesco solo a pensare a quando potrò tornare fra quelle persone, per vedere come stanno le principesse, la signora dei tulipani, pastrocchietto, sabbah, rabbah, safeth…

E’ calzante ciò che ha scritto Federico, abbiamo bisogno di sentirci terremotati.

Non so se son riuscita bene a rendere l’idea e so di esser stata come sempre retorica e pedante; non riesco ancora a riordinare le idee, a dare un filo logico alle sensazioni. Racconto mal volentieri la mia esperienza perché esprimerla a parole mi sembra inutile. Chi mi chiede di parlarne assiste ad un’esondazione di parole sconnesse, aneddoti, impressioni, tecnicismi frammentari… macerie d’anima.
Melina

Carissimi clauni e amici buongiorno a tutti, sono rientrato stanotte alle una e mezzo dall’Abruzzo, ho dormito come un sasso fino a mezzogiorno, mi sono alzato e ho deciso di raccontarvi la mia esperienza di clown nei paesi colpiti dal terremoto. Inizio dicendo che sarà parecchio difficile raccontare le mie sensazioni, per farvi capire un poco vi dico che ero partito con penna, blocchetto e macchina fotografica per documentare la mia esperienza ma non sono riuscito a scrivere niente, ogni volta che mi mettevo a sedere per scrivere arrivavano tutte le emozioni insieme e non sapevo da dove partire a scrivere per cui rimanevo inebetito davanti al foglio bianco, per quello che riguarda invece le fotografie erano talmente tante le emozioni e il coinvolgimento che le immagini neanche ci si potevano avvicinare per cui in tutta la settimana non sono riuscito neanche a inserire le pile nella macchina fotografica e non ho fatto neanche una foto, il ricordo è nel cuore, nello stomaco, nell’anima un poco terremotata anche quella, ho deciso perciò di scrivervi solo alcuni episodi che ben spiegano le cose e raccontarvi il lavoro invitando tutti voi a partecipare nei prossimi mesi sicuro che rimetterete in fila le vostre priorità a tal punto che stamani ho problemi a guardare la tastiera del computer, le mura di casa, il bagno tutto mio, la vasca da bagno, il mio cane accanto a me e soprattutto il letto comodo, non so spiegare ma è come se tutto questo fosse un grande enorme regalo e guardo i muri di casa mia e piango, vorrei quasi non averli, so che è ridicolo e stupido ma mi sento profondamente terremotato nell’anima e non riesco a pensare che se mi manca qualcosa io posso andare a comprarla in un negozio, vi giuro che è una sensazione mai provata, abbiamo dormito per terra tutta la settimana, noi non avevamo le brande e io avevo un sacco a pelo leggero, ho dormito con quattro coperte di lana sopra, il pigiama, la tuta, il collo alto di lana, i calzini di lana e il cappello, poi dopo tre giorni ho trovato un piccolo materasso da palestra e un cuscino, un grande regalo vi giuro che avere queste due cose era importante davvero, mai avevo dato così importanza a cose del genere. E davanti scorrono le immagini di Antonella e Gianfranco coi loro figli che sistemano gli aiuti umanitari e hanno ancora la forza di ridere e sperare, loro che dormono davanti alla loro casa crollata e inagibile, ce l’hanno sempre davanti agli occhi, ogni mattina, ogni sera, tutti i pomeriggi e vanno avanti, gli occhi di Palmina che dentro la tenda segue le cure segnate da noi clown ossia svegliarsi e dare 10 bacetti alle nipoti, fare due sorrisi e poi prendersi tutti per mano e urlare sette volte al giorno “Chissenefrega” e loro che lo fanno ridendo, l’umanità di Fiorella, maestra senza scuola con tutta la famiglia viva ma messa malissimo che prova a riprendere le sue lezioni nonostante tutto, il grazie di una che neanche so come si chiama che mi ringrazia per un gesto da poco come regalargli le mie ciabatte da doccia per suo marito, gli occhi e la flemma di Sergio col suo cane Ciro di 14 anni che stanno nella scuola e stanno sempre insieme, appena Sergio si allontana un minuto Ciro piange finché non lo rivede e io che lo accarezzo ma serve a poco, lui continua a piangere, Sergio che fa il caffè in continuazione per tutti e sogna un termos per mantenerlo caldo e noi che ci mettiamo tre giorni per trovarlo e a casa ne ho tre che non uso, fa il caffè a qualsiasi ora per sollevare gli animi, lui che non ha più niente e fa il caffè, fa il caffè, anche alle tre di notte fa il caffè perché per le continue scosse non riesce a dormire, Sergio che viveva solo con il cane e non l’ha voluto lasciare un minuto, un altro signore accanto a lui col suo cane Moschino, un piccolo barboncino, che tiene sempre in collo, una signora che impazzisce di dolore perché il suo gatto non lo cura nessuno e lui ha la diarrea e noi clown che cerchiamo di trovargli un veterinario, e alla fine lo troviamo, tanti anziani e non che parlano con noi, ci accolgono nelle loro tende, ci salutano, si scusano che non hanno niente da offrirci, e in contrapposizione i politici che fanno campagna elettorale su queste persone, fa venire mal di stomaco vedere queste cose, persone fiere soprattutto che per fargli dire cosa gli serve dobbiamo fare scenette clown sennò non chiedono nulla, persone che si rubano le tende della protezione civile perché si vogliono montare un campo vicino a casa e riescono a vincere loro e si fanno il campo dove gli pare, resistendo, combattendo, gente che neanche vi immaginate la bellezza che hanno, a me ha stupito moltissimo, stamani vorrei tornare là, qua mi sento a disagio, so che così non è ma la pancia prende il sopravvento sul cervello e piango perché sto qua e non là con loro. Il lavoro è più facile di quello che immaginate, tutti amano i clown che vanno a trovarli, che girano tra le tende, un vecchietto in carrozzina si fa portare a giro da me per il campo suonando il mio pollo di gomma e urlando permesso e ride per le bolle di sapone che un bambino fa davanti a noi via via che passiamo, a uno scout chiedo se ha un rosario per una signora che ha perso il suo e lui le regala il SUO rosario, che era un regalo da Assisi, e la signora mi chiede di metterlo alla catenina al collo insieme alla fede di suo marito e se lo bacia e lo fa vedere a tutti, e ci ringrazia, io regalo allora allo scout un colino da tè a molla per ringraziarlo del gesto meraviglioso, glielo appunto al fazzoletto e lui va a giro col colino da tè come se fosse una reliquia, piccoli gesti che fanno tanto davvero, vi giuro. Sono tornato senza pigiama, senza tuta e senza ciabatte e vi giuro che mai ho regalato cose del genere sentendo una gioia incredibile solo per il fatto che qualcuno le ha volute accettare, facciamo i clown tutto il giorno, scarichiamo camion di aiuti nelle pause, ma noi avevamo anche un cesso vero ed eravamo privilegiati su settemila sfollati insieme a pochi altri terremotati che ne usufruivano insieme a noi, un bagno, un bidet là adesso è un lusso, vi assicuro che è strano proprio. Con Antonella ci siamo trovati a razzolare negli scatoloni di aiuti e a urlare:” e vai ho trovato una tuta, e vai ho trovato un cappello”, poi ci guardiamo e ridiamo per quanto è assurdo tutto questo, mai nella nostra vita pensavamo di trovarci così, Sergio che aveva preparato le cartoline per la Pasqua per la chiesa con la fotografia dall’archivio storico dell’Aquila dove si vedono delle persone sui ciuchi che fanno l’elemosina a una povera donna tutta vestita di stracci e la frase scritta sotto dice:”Caritàcontadina” e lui la attacca in bacheca e dice:”adesso l’elemosina la fanno a noi, mettiamola qua per ricordarselo sempre”. Non so cosa altro scrivere e non so se si capisce tutto, non riesco a usare la punteggiatura giusta, butto tutto giù di getto, così come capita, così come viene, ho regalato parte del mio bagaglio clown e in cambio ho preso dei pezzi di macerie, resteranno con me per sempre o li regalerò a qualcuno raccontando questa storia, ancora non lo so ma so solo che appena mi riprendo dovrò tornare in Abruzzo, riabbracciare quelle persone e sentirmi di nuovo terremotato, ho la necessità di sentirmi terremotato, non potete capire quanto male fa vedere dei muri interi, senza crepe, avere comodità, spero solo di riabituarmi presto, per adesso piango e basta, non so fare altro, ciao a tutti.
Nuvola

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